FORLì – Francesco Hayez e Giovanni Segantini rappresentano il confine simbolico, “i due fuochi” tra i quali si è manifestato il rinnovamento dell’arte italiana a partire dalla seconda metà dell’Ottocento. Hayez è il primo e l’ultimo dei romantici, è il pittore protagonista del Risorgimento dell’arte italiana come arte della nazione. Segantini ha vissuto pienamente la rivoluzione moderna del Divisionismo.
“Ottocento. L’arte dell’Italia tra Hayez e Segantini” è la mostra, ospitata ai Musei San Domenico di Forlì, che propone un viaggio immersivo nel tempo e nello spazio attraverso capolavori di pittura e di scultura che raccontano i sessant’anni fatidici che intecorrono tra l’Unità d’Italia e lo scoppio della Grande Guerra.
Capolavori “che segnano aspetti culturali e sociali nuovissimi, di impatto popolare e dal significato universale” – spiegano Fernando Mazzocca e Francesco Leone, curatori della mostra – “La varietà dei linguaggi con cui sono stati rappresentati consentono di ripercorrere le sperimentazioni stilistiche che hanno caratterizzato il corso dell’arte italiana nella seconda metà dell’Ottocento e alle soglie del nuovo secolo, in una coinvolgente dialettica tra la tradizione e la modernità”.
Si tratta, come evidenzia il coordinatore, Gianfranco Brunelli, di una mostra che “vuole mettere un punto fermo sull’Ottocento italiano, dopo le centinaia di retrospettive che hanno indagato questo o quell’autore, questo o quell’aspetto, declinazione o sfaccettatura di quell’importante secolo”. “Attraverso una selezione di opere straordinarie, – spiega ancora Brunelli – soprattutto quelle presentate, premiate, ma che furono anche oggetto di scandalo, alle grandi Esposizioni Nazionali – da quella di Firenze nel 1861 a quelle che tra Roma, Torino e Firenze hanno celebrato nel 1911 il cinquantenario dell’Unità – le sezioni della mostra intendono ricostruire i percorsi dei diversi generi, da quello storico, alla rappresentazione della vita moderna, all’arte di denuncia sociale, al ritratto, al paesaggio, alla veduta, alle nuove sperimentazioni”.
Il percorso espositivo, composto da oltre 160 opere, presenta nella loro più importante produzione, pittori come Hayez, Induno, Molmenti, Pagliano, Faruffini, Cremona, Barabino, Bertini, Malatesta, Mussini, Maccari, Muzioli, Gamba, Gastaldi, Fontanesi, Grosso, Morelli, Costa, Fattori, Ussi, Signorini, Ciseri, Corcos, Michetti, Lojacono, Delleani, Mancini, Favretto, Michetti, Nono, Previati, Carcano, Longoni, Morbelli, Nomellini, Tito, Sartorio, Coleman, Cellini, Bargellini, De Carolis, De Nittis, Pellizza da Volpedo, Segantini, Boccioni, Balla; e scultori come Vela, Cecioni, Monteverde, Rosa, Tabacchi, Grandi, Gemito, Rutelli, Ximenes, Trentacoste, Canonica, Bistolfi.
Le opere scelte, alcune delle quali inedite, provengono da prestigiosissimi prestiti.
La mostra, che intende ripercorrere esaustivamente le vicende dell’arte italiana nel mezzo secolo che ha preceduto la rivoluzione del Futurismo, proponendo uno straordinario confronto tra architettura, pittura, scultura, illustrazione e arti decorative, consente anche di comprendere come l’arte sia stata non solo un formidabile strumento celebrativo e mediatico per creare consenso, ma anche il mezzo più popolare, “democratico” per far conoscere agli italiani i percorsi esaltanti e contraddittori di una storia antica e recente caratterizzata da slanci comuni e da forti tensioni e divisioni.
La mostra sarà visitabile fino al 16 giugno 2019.
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