PISA – Grazie a una ricerca condotta dalla professoressa Lucia Nuti, docente di storia dell’architettura e dell’urbanistica dell’Università di Pisa, che ha conquistato la copertina del prestigioso “Journal of the Society of Architectural Historians”, una mappa topografica della città di Pisa ha finalmente una datazione e una paternità definita. Si tratta di un grande disegno “Pisa no finita” delle dimensioni di 1.350 per 1.665 millimetri, che è stata attribuita, secondo la ricerca della professoressa Nuti, all’architetto Giuliano da Sangallo. Per quanto concerne la sua esecuzione, si può datare al momento della costruzione del primo bastione della fortezza nuova, di cui Giuliano da Sangallo fu responsabile della ricostruzione tra il 1509 e il 1512, per conto della Repubblica fiorentina.
Come spiegato dalla Nuti: “Nella mappa si riconosce la sagoma di Pisa ma la città è rappresentata con dettagli minutissimi a cui si aggiungono particolari del tutto fantasiosi, come nella parte in cui Sangallo ricostruisce la planimetria dei Bagni di Nerone formulando per la prima volta un’originale soluzione architettonica centrata sull’ottagono: è questa che può essere considerata una vera e propria firma autoriale di Sangallo, dato che poi la ripropone nel secondo disegno per la nuova Basilica di San Pietro in Roma”.
Lo studio della Nuti spiega inoltre che durante la costruzione della fortificazione pisana, Giuliano non ebbe rapporti facili con i magistrati fiorentini, ma evidentemente nella costruzione delle camere sotterranee egli godette di una maggiore libertà di movimento, che gli consentì di sperimentare una varietà di ambienti, dove la forma ottagonale è protagonista.
“La particolare collocazione della fortezza in prossimità dell’Arno ha fatto sì che, una volta tramontate le esigenze militari, questi ambienti fossero periodicamente allagati, una condizione che purtroppo permane ancora oggi. L’ottimo restauro che infatti è stato eseguito nei primi ambienti all’interno del bastione si è arrestato in corrispondenza delle scale che portano ai vani più bassi, riproponendo una situazione frequente di abbandono in un Paese che non sa riconoscere le proprie eccellenze, né proteggerle e valorizzarle adeguatamente” – conclude Lucia Nuti.