Si intitola “Vo(l)to di Donna” la mostra, prodotta e organizzata da MetaMorfosi, nata dal progetto di Graziella Falconi e curata dalla stessa insieme a Silvia Pegoraro con Anna Carla Merone, allestita nella Sala della Regina di Palazzo Montecitorio, dove rimarrà aperta al pubblico fino al 18 gennaio 2017.
Il tema su cui si incentra il significato dell’esposizione, è ben esplicitato dal titolo stesso della mostra, che rimanda al cambiamento epocale attuato e vissuto dalla nostra società, quando le donne, 70 anni fa, hanno acquisito per la prima volta il diritto di voto. Il mutamento sociale è stato profondo, tanto da modificare la stessa percezione della donna, che, acquisito un diritto tanto basilare, ha potuto guardare se stessa con una nuova consapevolezza e portare il proprio volto, il proprio essere, in una società, fino a quel momento, a immagine di uomo.
Le 77 opere esposte, divise in tre sezioni, affrontano il rapporto con la percezione dell’immagine femminile, dagli anni ’20 circa fino a oggi.
Nella prima sezione, che presenta esclusivamente lavori di artisti uomini e affronta un arco temporale consistente, sono proposte insieme opere come Il ritratto della signora Casanova (1916) di Boccioni, Le cucitrici di Guttuso (1947), l’opera Gravida-Maternità (1964) di Pascali, Donna e mare, dal ciclo Ambiguità dell’intravisto (1992) di Calabria, Bella Cuore Mio (2014) di Pizzi Cannella, e molte altre. La diversa origine temporale delle opere, mette il visitatore di fronte al rapporto dell’artista con la donna, ma allo stesso tempo permette di comprendere meglio quale figura dell’immaginario ricoprisse la donna stessa in quel preciso momento. La vicinanza di opere realizzate in epoche tanto diverse, inoltre, stimola nel fruitore la creazione di un proprio percorso, poiché ognuno è chiamato naturalmente a fruire l’allestimento in base alla propria sensibilità e al proprio senso estetico. Le opere d’arte sono così una guida, nella lunga storia dell’emancipazione femminile.
La seconda sezione lascia spazio completo alle artiste donna, anche qui gli accostamenti temporali sono piuttosto marcati, e si trovano tra le altre Donna dormiente (1920) di Marchesini, T (2003) di Sissi, Giosetta con Giosetta a nove anni (2008) di Fioroni, uno degli abiti da sposa realizzati da Pippa Bacca, per la performance Bride on tour (2008). In questa sezione le donne raccontano se stesse, il loro modo di sentire e vedere il mondo, di vedersi in esso. Il racconto inizia ben prima del voto, perché il loro volto, del resto, c’era già, c’è sempre stato, come sempre ci sono stati pensieri e sentimenti. Tra queste opere è la voce di donna a fare da guida in quella che è stata una dura battaglia per l’uguaglianza e la parità con “l’altra parte”. Una lotta fatta molto spesso di piccoli gesti quotidiani, oltre che di grandi azioni.
La terza sezione è dedicata a opere più recenti, realizzate da artiste straniere. Qui l’aspetto dialogante con il fruitore prende il sopravvento sulla narrazione. Le artiste “discutono” con il fruitore, le opere ci parlano del nostro tempo, di noi. Siamo noi queste donne, ogni visitatore può trovare un po’ della sua esperienza giornaliera in Eguaglianza al lavoro (diritti economici e legislativi pari a quelli degli uomini) (2012) di Loredana Raciti, oppure in Desiderio di libertà (2016) di Pegah Salimi elizi, o ancora in Women’s Movement (2016) di Takoua Ben Mohamed e in tutte le altre opere esposte.
Tutti possono riconoscersi nella percezione che queste donne hanno della realtà e di se stesse, tutti, uomini e donne, possono comprendere cosa queste artiste dicono e come lo dicono, perché parlano del nostro mondo, un luogo che nel bene e nel male abbiamo costruito insieme.
Il cammino che ha portato al voto delle donne è stato considerevole e questa mostra è un modo per ricordarlo e raccontarlo. Tuttavia la strada verso l’emancipazione è ancora lunga ed è un percorso che ci vede tutti coinvolti, uomini e donne, maschi e femmine, affinché il futuro sia un tempo in cui nessuno debba avere paura dell’altro, un tempo in cui la differenza di genere sia una ricchezza e non più motivo di paura, sottomissione e violenza.