I nostri tornano a casa. Sì, perché dopo 20 anni di “esilio”, a Prato torna la collezione del Museo della città. E non solo: ad accoglierla sarà Palazzo Pretorio, il monumento simbolo della città, anch’esso sottratto alla collettività da 20 anni, rimasto chiuso per problemi strutturali. Finalmente adeguato agli standard internazionali previsti per la conservazione delle opere d’arte, il palazzo riapre il 12 aprile 2014, e torna alla funzione di museo che possedeva dal 1912. Due piccioni con una fava: torna il museo, e tornano le collezioni.
Il ritorno. Un museo di capolavori dal Quattrocento al Novecento: opere di Bernardo Daddi, Giovanni da Milano, Donatello, Filippo e Filippino Lippi, le grandi pale d’altare dipinte da Santi di Tito e Alessandro Allori, la gipsoteca di Lorenzo Bartolini, fino ad Ardengo Soffici e Jacques Lipchitz. Tutto esposto nel nuovo allestimento degli architetti Adolfo Natalini, Piero Guicciardini e Marco Magni, con materiali e tessuti emblematici di Prato.
Le novità. Oltre ad adeguare l’intero edificio alle nuove esigenze di conservazione, il restauro voluto dall’amministrazione comunale ha posto in sicurezza la parte muraria, e riportato all’antica bellezza gli stemmi dei podestà affrescati alle pareti e i soffitti lignei dipinti, tra i più belli in Toscana. In più, due grandi sale saranno dedicate alle mostre temporanee.
L’ “infarinatura”. Il percorso inizia al piano terra del medievale Palazzo, dove si può apprendere la storia dell’edificio. La seconda sala ospita una grande linea del tempo, che illustra le date più significative della storia di Prato: dall’insediamento etrusco di Gonfienti, fino alla riapertura di Palazzo Pretorio. Nello stesso spazio, sono esposte opere e oggetti che raccontano la storia della città, e preparano alla visita delle sezioni successive.
Le collezioni. Al primo piano, la storia delle collezioni. Si inizia dalla preziosa reliquia della Santa Cintola, con una ricostruzione virtuale degli affreschi di Agnolo Gaddi nella cappella della Cintola in Duomo, le tavole di Bernardo Daddi, Agnolo Gaddi e di altri autori del tardo Trecento.
Il clou. Il grande salone, che un tempo ospitava il tribunale, accoglie ora le opere più importanti del museo: i polittici tardogotici, tra cui quello assai grande di Giovanni da Milano, e i capolavori di Filippo Lippi e dell’Officina Pratese. Poi, tornano Filippo e Filippino Lippi, i più grandi pittori pratesi, e a altri maestri del tardo Quattro e del primo Cinquecento, come Sandro Botticini, Raffaellino del Garbo e Luca Signorelli. Infine, la scultura: le opere rinascimentali, tra cui anche una di Donatello, occupano l’ultima sala del primo piano.
Più su. Il salone del secondo piano è dedicato ad una selezione di pale di grandi dimensioni dal XVI al XVIII secolo, provenienti in prevalenza dalle chiese e monasteri della città; tra queste, opere di Poppi, Mario Balassi e Domenico Ferretti, oltre alle tre tavole di Santi di Tito e di Alessandro Allori, acquisite dal Museo nel 2012 grazie al lascito testamentario di Angela Riblet.
Altri nomi. Le altre sale ospitano dipinti del Cinque e Seicento, con opere anche di Giovan Maria Butteri, Giovan Battista Naldini, Battistello Caracciolo, Cecco Bravo, Mattia Preti e Nicola Malinconico.
Ancora di più. Al terzo piano, infine, nella prima sala una selezione dei disegni di Lorenzo Bartolini, scultore di origini pratesi, e dei cartoni preparatori del pittore Alessandro Franchi, di Prato anche lui. Poi, Lipchitz, cui è dedicato uno spazio particolare: quattro sculture selezionate dal nucleo di 21 modelli in gesso e 43 disegni donati al Comune, nel 2011, dalla Fondazione intitolata all’arttista, che raccontano il suo intero percorso artistico.
Focus: il palazzo. La forma attuale di Palazzo pretorio risale al periodo tra il Duecento e il Trecento, quando vengono accorpati tre edifici preesistenti che, nonostante siano ben uniti nella nuova costruzione, sono ancora visibili nella trama dell’architettura. Dopo un parziale crollo, l’edificio viene rimaneggiato nel Cinquecento, quando diventa sede del Podestà cittadino, della magistratura e delle prigioni. Ne mutano le funzioni, e i grandi ambienti di rappresentanza sono suddivisi in spazi più piccoli. Poi, il terremoto del 1899 e i nuovi guasti all’edificio. La rinascita risale al 1912, quando Palazzo Pretorio diventa Museo civico, funzione che mantiene fino al 1997 quando, davanti alle evidenti esigenze di restauro, le opere vengono provvisoriamente esposte nel vicino Museo di Pittura murale.
Troppo a lungo. «Restituire alla città il Pretorio era una delle nostre priorità», dice il sindaco di Prato, Roberto Cenni. «Troppo a lungo i pratesi sono stati privati di questo straordinario palazzo e dei tesori della collezione del Museo. La città può e deve coltivare l’ambizione di essere un luogo bello da scoprire e visitare: la mostra sul Rinascimento pratese conclusa tre mesi fa ne è stata una grande conferma».
Speranza. «Palazzo Pretorio torna ad essere lo scrigno dei tesori della città, il fulcro della sua vita culturale, ma anche il luogo magnifico nel quale sognare e costruire per Prato la forza di una nuova speranza», aggiunge Anna Beltrame, assessora alla Cultura.
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in collaborazione con gli enti locali |